REDAZIONE
Nell’ambito del progetto “Prime alla Scala”, alcuni studenti della classe 3KA hanno potuto prendere parte alla serata inaugurale del 7 dicembre che quest’anno si è svolta dal vivo. L’Ufficio promozione culturale del Teatro alla Scala, infatti, in sinergia con il Liceo ha voluto offrire appoggio al progetto proponendo ad alcuni studenti la possibilità di partecipare in Teatro alla serata della Prima. Tutti gli studenti aderenti al progetto hanno potuto assistere allo spettacolo Macbeth.
Cronaca di una serata speciale
di Erell PIRRONE, Federica DECIO, Federica VIGNOLI, Letizia GATTI, Beatrice PASTORE, Jolanda BONASSISA, Giorgia MALLARDO, Mattia COLOMBO, Elisa FRANSIS, Alexis CASTRO, Aurora BORELLINI, Benedetta GIAMMUSSO, Gaia MERCURIO, Elena ACCURSO.

Da sinistra: Benedetta GIAMMUSSO, Federica DECIO, Elisa FRANSIS, Giulia PARMA, Erell PIRRONE, Veronica VAZZANO, Mattia COLOMBO
La serata della Prima! Nonostante il freddo, agli sbarramenti per il controllo del green pass, posti almeno a un centinaio di metri di distanza dall’ingresso, i signori indossavano il solo smoking, le signore, elegantissime e con ampie scollature, magnifici gioielli e succinte stole.
Noi abbiamo destato qualche curiosità, anche quando ci siamo presentati in galleria, forse perché la serata dedicata ai giovanissimi si era già svolta il 4 dicembre. Entrando in teatro non si può non rimanere ammaliati dalla decorazione floreale, suggestiva invenzione cromatica sui toni dell’arancio-rosa di Giorgio Armani. In attesa dell’arrivo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, abbiamo cercato di individuare personalità e vip che sapevamo sarebbero stati presenti in sala: siamo riusciti a scovare tra il pubblico Liliana Segre, lo stesso Giorgio Armani ed Enzo Miccio.
Non c’è Prima senza il lungo applauso di apertura per il Presidente dopo il quale il Maestro Riccardo Chailly ha dato l’attacco per il Preludio del Macbeth. L’ambientazione indicata dal libretto è il medioevo. I luoghi previsti sono sette: un bosco, il castello, un parco, una sala per banchetti, una caverna, un luogo deserto ai confini di Scozia ed Inghilterra e una pianura circondata da alture e boscaglia. Sapevamo che nell’allestimento scelto da Livermore tutto si sarebbe svolto, invece, in una città del nostro tempo piena di ricchezze e dominio che però è soggetta ad oscure minacce. Quando il sipario si apre sulle note del preludio, ci mostra Macbeth e Banco come al termine di una battaglia.

Macbeth, Preludio – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
Ci sono dei morti a terra, due generali maneggiano delle spade, una macchina è posizionata al centro della scena. Quando entrano in macchina la proiezione sul ledwall si anima: dalla foresta cupa dove si trovavano, i due viaggiano verso un ambiente più moderno. Il ledwall ci mostra imponenti grattacieli che ci fanno intuire il loro arrivo in città. Nel frattempo, sul palco, viene diffuso del fumo che rende meno visibili i due cantanti che si trovano ancora all’interno del veicolo. Le strutture proiettate sullo sfondo sono grigie e malmesse e danno quasi l’idea di un luogo vuoto e disabitato. Le luci fioche e fievoli introducono la scena successiva: l’incontro tra Macbeth e Banco con le streghe, e le loro profezie.
Come si presenteranno le streghe? I costumi che indossano sono semplici e non troppo artefatti: indossano dei comuni tailleur azzurro-blu e delle ballerine nere. Dopo una serie di tuoni e lampi di grande effetto sui ledwall di un azzurro intenso, esse entrano in scena intonando un lungo coro che termina in una risata infernale. Le profezie delle streghe rivelano a Macbeth che sarà presto nominato signore di Caudore dal re di Scozia Duncano e in seguito ascenderà al trono, mentre a Banco predicono che avrà una discendenza regale, senza mai regnare.

Macbeth, Atto I, scena 1 – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
La scena si sposta nel palazzo di Macbeth dove la moglie attende il suo ritorno. Il regista ha voluto creare per coloro che sono a teatro un “linguaggio in grado di invadere la scena trasformandola in un set cinematografico”. Per i cambi di scena, infatti, usa moltissimo la possibilità di scomporre il palcoscenico in molte parti a diversi livelli. C’è un ascensore, e l’illusione dello spostamento da un piano all’altro del grattacielo, dove sono ambientate le scene d’interno, è creata sia con l’innalzarsi o l’abbassarsi dell’intero piano sul quale poggia un ambiente, sia con la sincronia della proiezione sui ledwall del profilo dei grattacieli sempre più dall’alto, a volte capovolti. Il castello di Macbeth è qui un grattacielo, simbolo di potere per eccellenza in questo secolo. La scenografa Cristiana Picco ha spiegato che si sono ispirati alla misteriosa facciata di un palazzo in corso Sempione disegnata (e mai realizzata) nel 1926 da Pietro Portaluppi, architetto della borghesia milanese, per la quale era stato scelto il simbolo del labirinto. Per Livermore il pensiero verdiano-shakespeariano, dal punto di vista drammaturgico, ci permette di osservare i “labirinti” contorti dell’uomo che riusciamo a vedere in tutte le sue deformazioni. Abbiamo letto che il regista parte dal presupposto che l’opera in musica sia già di per sé una somma di molte arti che convivono nella simultaneità in teatro, e che quindi ha cercato un linguaggio che riuscisse a mostrare questo sia in teatro sia attraverso il mezzo televisivo. La scelta dell’ambientazione in una città e la scomparsa delle “streghe” troviamo che avvicini questa regia ad una versione dell’opera vista in classe del regista Černjakov. Egli infatti nel 2009 ha scelto di ambientare la vicenda in una cittadina qualunque di oggi, più precisamente in una piazzetta dove troviamo una folla anonima. In questa versione è la gente a decidere del destino di Macbeth, l’opinione pubblica. Non c’è il soprannaturale nella lettura del regista russo, né particolare sete di sangue nei due coniugi: è una semplice irreversibile scalata sociale, costi quel che costi. Macbeth è un piccolo borghese con smanie di arrivismo e ha una moglie che ne è talmente innamorata da fare qualunque cosa per agevolargli la “carriera”, anche spingerlo al delitto, senza prenderne in considerazione le conseguenze. Tornando allo spettacolo scaligero, quando entra in scena Anna Netrebko che interpreta Lady Macbeth siamo in un bellissimo appartamento con arredamento moderno, e invece di sentire la voce della soprano stessa leggere la lettera, è una voce fuori scena maschile che legge.

Anna Netrebko – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
Subito il carattere di Lady Macbeth è chiaro sia per il modo nel quale intona la cavatina Vieni! T’affretta, sia per la presenza scenica, nonostante sia seduta su una poltrona mentre tiene nella mano destra un drink e nella sinistra una sigaretta. Una delle frasi più significative, anche musicalmente, è ”ascendevi a regnar” perché esorta Macbeth a intraprendere tutte le azioni necessarie per ottenere il potere, e mette in risalto la sete di potere della stessa Lady Macbeth che come sappiamo è il motore di tutta la vicenda. Dalla galleria si poteva vedere il vestito rosso fuoco, senza però riuscire ad individuare gli aironi in volo ricamati, scelti dal costumista Gianluca Falaschi in quanto emblemi della fuga. Dopo la cabaletta di Lady Macbeth Or tutti sorgete, ministri infernali, si svolge un dialogo nel quale Lady Macbeth stessa suggerisce a Macbeth di uccidere il Re Duncano. Alla fine di questo dialogo c’è un breve scambio di battute tra Macbeth ed un servo; dopodiché inizia un lungo recitativo, il cosiddetto “monologo del pugnale” nel quale Macbeth, interpretato da Luca Salsi, entra definitivamente in scena (“Mi si affaccia un pugnal?”). Si svolge in un ambiente scuro e cupo, rimanendo fedele alla classica concezione drammatica della scena, ma presenta una particolarità dettata dalla volontà di Livermore di ambientare l’opera in tempi moderni: sul ledwall al di sopra della città distopica e apocalittica, è presente la stessa città ma capovolta, che riesce a mettere “positivamente” a disagio il pubblico e a trasmettere il messaggio della gravità dell’azione che Macbeth sta per compiere. Luca Salsi è stato molto apprezzato dalla critica (IL Sole 24 Ore lo ha definito “gigante”, è stato definito “eccezionale” da La Repubblica”, ha ricevuto un 7.5 dal Corriere della Sera), che ha riconosciuto la sua bravura nel trasmettere l’angoscia e l’esitazione che Macbeth sta provando nel momento in cui si sta recando nella camera del Re Duncano per ucciderlo; come dice Salsi: “Per cantare come vuole Verdi è necessario dare il giusto rilievo alla parola e al suo significato drammaturgico”, e secondo la critica egli è riuscito perfettamente a fare questo, ovvero dare importanza al significato e al sentimento che le parole di Macbeth, rispettivamente, avevano ed esprimevano. Del resto,il Macbeth è una tragedia dell’immaginazione. I temi principali di quest’opera sono la follia, la cupidigia e il destino. Macbeth è così bramoso di potere da diventare folle. Ma egli, come sottolinea Harold Bloom nel suo famoso saggio sul teatro di Shakespeare, soffre profondamente sapendo di compiere azioni malvagie e di doverne compiere di peggiori. Ogni uomo ha un lato oscuro, è per questo, secondo Bloom, che noi riusciamo ad immedesimarci in Macbeth. Egli è spinto a compiere malvagità dalla smania di potere, dalla moglie, ma anche dalla maledizione della sterilità, e, quindi, dall’impossibilità di avere figli. La voce di Luca Salsi esprime tutta la malvagità del personaggio. Oltre ai modi rudi anche la scelta dell’abito di Macbeth vuole sottolineare la mancanza di raffinatezza che accompagna il personaggio. Macbeth e Lady Macbeth erano profondamente innamorati, Shakespeare li presenta come la coppia più felice della sua produzione e Livermore prevede, infatti, due brevi scene d’amore. L’uccisione di Duncano viene mostrata in un suggestivo fermo immagine nel quale la silhouette di Macbeth nell’atto di uccidere il re si staglia su uno sfondo spoglio e grigio.
All’inizio del secondo atto Lady Macbeth canta La luce langue…il faro spegnesi (aria che viene aggiunta nell’edizione del 1865). Quando Lady Macbeth intona “Nuovo delitto… è necessario” sta salendo la grande scala dell’appartamento e si arresta per pronunciare con enfasi le parole che sanciscono la definitiva scelta del male. Nella scena precedente Lady Macbeth approva la decisione del marito di uccidere Banco e il piccolo Fleanzio, poiché ha paura che si avveri la seconda parte della profezia, cioè che la progenie di Banco salirà al trono. In questa scena Lady Macbeth, sulla imponente e bellissima scala che adorna l’appartamento, esclama con molta cattiveria e con molta intensità che ci sarà un nuovo delitto affinché suo marito salga sul trono, diventando così il nuovo re. Il coro che segue, Sparve il sol!… La notte or regni, ci ha molto impressionato e ha suscitato una forte emozione perché sulle parole ‘Trema Banco!’ è riuscito a produrre un volume di suono che ha letteralmente fatto tremare il teatro; il coro della Scala ha ricevuto molti applausi e segni di apprezzamento anche per la bellissima interpretazione di “Patria oppressa”, il coro più famoso dell’opera, all’inizio del quarto atto.
Il ricevimento durante il quale Macbeth attende la notizia dell’avvenuto delitto è molto bello. Macbeth chiede un brindisi cordiale alla moglie in onore di tutti gli ospiti a cui si uniscono tutti i presenti. Lady Macbeth canta una melodia molto orecchiabile “Si colmi il calice” accompagnata dal coro e indossa un sontuoso e vistoso abito rosso, sempre con ricamo di aironi in volo, mentre tutti gli altri personaggi indossano eleganti abiti bianchi.

Macbeth, delirio di Macbeth. In primo piano Luca Salsi e Anna Netrebko – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
Macbeth, furioso e inquieto per il fatto che il piccolo Fleanzio, l’erede dell’avversario, sia ancora vivo è convinto di vedere il fantasma di Banco mentre gli astanti e la stessa Lady Macbeth non vedono nulla. Macbeth è turbato e comincia a delirare. A tutto schermo sul ledwall il pubblico vede il volto di Banco avvolto dalla nebbia e sfigurato dallo skyline della città.

Macbeth, Atto II, il fantasma di Banco – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
Nel terzo atto originariamente le streghe danzavano per evocare la dea Ecate, che una volta comparsa in scena preannuncia loro il nuovo incontro con Macbeth; tuttavia nella coreografia di Daniel Ezralow la dea della notte e dei sortilegi viene sostituita da Anna Netrebko stessa, che danza, mentre il ballo stesso, definito da molti critici “televisivo”, cerca di rappresentare metaforicamente tutti i mali del mondo per mezzo di una coreografia caratterizzata da pantomime, cioè da gesti e movimenti sfrenati. Come spiega lo scenografo stesso la prima parte presenta un flashback di Macbeth e Duncano, e rappresenta il turbamento seguente all’attimo di follia dell’omicidio; dopodichè la coreografia si fa più rilassata e rappresenta la speranza di un futuro re buono, cioè il figlio di Banco. L’ultima parte cerca di rappresentare l’inquietudine dell’animo di Lady Macbeth: è evidente dunque che il balletto dell’opera di Livermore non si concentra sull’aspetto fantastico delle streghe, bensì mira a mettere in risalto l’introspezione psicologica dei personaggi.

Macbeth, Atto III, balletto. In primo piano Luca Salsi – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
Ogni scena è suggestiva in diverso modo: inizialmente la scena si colora di rosso destando grande stupore nel pubblico che così percepisce la disperazione di anime sanguinarie come quelle dei protagonisti; quando sulla scena compaiono Banco e suo figlio, invece, la tensione lascia spazio a un senso di malinconia e tenerezza per il futuro piccolo re che, attaccato alla gamba del defunto padre, sembra non riuscire ad accettare la sua morte. Possiamo dire che per noi giovani effettivamente la messa in scena di Livermoreche non è una ricostruzione storica, riesce a toccarci “nel vivo del nostro presente” per usare le parole del regista stesso. Secondo noi è efficace e coinvolgente la sua idea di regia, per cui mischia i generi, riscrivendo di fatto i classici, insomma, questo allestimento speciale ci sorprende e ci diverte. Ci ha colpito molto la dinamicità che ha dato al palco. Nella messa in scena del terzo atto, però, Livermore ha scelto di togliere molti riferimenti al libretto e questo ci ha un po’ disorientato, forse facendo cogliere la narrazione solo a pochi. Alcuni di noi infatti pensano che l’uso del ledwall su cui erano proiettate le ambientazioni fosse eccessivo se non addirittura invadente, quasi come se l’opera fosse stata pensata soprattutto per una visione televisiva.
Nel quarto e ultimo atto che inizia con il coro mesto dei fuggiaschi, la scena che più colpisce è certamente per noi la “gran scena del sonnambulismo”, quella dove Lady Macbeth è assalita dal rimorso e la notte ha episodi di sonnambulismo, appunto. La Netrebko non ha la lanterna in mano, come prescriverebbe il libretto, le mani non sono insanguinate e non tenta di lavarle. Si trova, invece, sul cornicione del grattacielo e indossa una sottoveste rossa e un impermeabile.

Macbeth, scena sonnambulismo – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
Questa è una delle scene che hanno avuto una particolare elaborazione per la TV, perché una camera sistemata sopra la testa di Anna Netrebko ha consentito una visione verticale dall’alto del grattacielo che dà il senso della vertigine fisica e che racconta l’abisso sul quale si trova Lady Macbeth. La scena è introdotta da un preludio molto intenso, e dove gli archi accennano a un melodia che ben evidenzia la drammaticità del momento. I versi che la Netrebko canta sono accompagnati dall’orchestra che ripete in modo ossessivo brevi frasi, come a descrivere la prigione mentale nella quale Lady Macbeth è sprofondata. Tutto in questa scena esprime in modo efficace il dolore e la disperazione di Lady Macbeth che non riesce più a sopportare il peso di così tante morti. Alla fine Macbeth perde tutto, l’onore, il rispetto e la donna che gli è stata complice. Lui è uno sconfitto, le sue ultime parole, infatti, sono: “La vita che importa? è il racconto di un povero idiota”. Il coro che conclude l’opera canta dietro una cancellata che può ricordare una prigione, e dopo la morte dell’ “usurpator “ vengono “liberati” solo due bambini, il coro, invece, rimane dietro le sbarre come ad indicare che nonostante la morte di Macbeth, altri arriveranno a cercare di ottenere il potere a tutti i costi.

Macbeth, scena finale – Foto Marco Brescia e Rudy Amisano
COME E’ STATA RECENSITA LA SERATA DALLA STAMPA
di Giulia PARMA, Luca PETROTTA, Veronica VAZZANO
L’8 Dicembre tutte le testate hanno dedicato alcune pagine al racconto e alla recensione della Prima. Nella critica compaiono opinioni discordi tra loro. Non sono pochi coloro che sono rimasti scioccati dalla regia. Molti sono i giudizi che mostrano una grande soddisfazione per la performance del cast, in particolare di Luca Salsi e Anna Netrebko: tutti registrano che sono stati applauditi in una standing ovation di 12 minuti.
Per quanto riguarda la regia, Roberto Bolle ha apprezzato come “Livermore sa sfruttare al meglio i nuovi mezzi tecnologici per rendere accessibile l’opera al grande pubblico, infatti è fondamentale raggiungere e colpire gli spettatori, anche attraverso il balletto” (Corriere della Sera), così come Carla Moreni: “Il Macbeth è stato presentato in modo molto moderno e perciò ha destato la critica nel loggione: un gran coro di fischi e “buuu”, ingiusti perché la lettura del regista è stata fedele e narrativa, arguta e tecnologicamente impeccabile. (Il sole 24 ore, Domenica 12 Dicembre). Paolo Gallarati, giornalista della Stampa, pensa che Livermore abbia mandato in scena un Verdi “aristocratico” poiché “solo chi conosce a menadito la vicenda e la musica è in grado di comparare le scene di Verdi con le fantasiose soluzioni sceniche”: Il regista, infatti, ha tolto moltissimi elementi e li ha modernizzati: le streghe ad esempio sono delle normalissime impiegate, l’ambientazione è quella di una metropoli….Angelo Foletto trova che sia “un po’ troppo stipata” la “brillante narrazione pulp-padrinesca ambientata a Gotham”, sebbene “legittima e di ottima mano nel dare attualità alla voluttà del soglio” (La Repubblica).
Quasi unanime l’apprezzamento per il baritono Luca Salsi: secondo Pierachille Dolfini (Avvenire) “scolpisce magnificamente la parola nella musica per farla diventare teatro”, “consapevole evidentemente che il canto di Verdi nasce dalla parola e richiede quindi dizione chiara e perfetta: ne nasce un Macbeth autorevole e insieme terrorizzato di inoltrarsi lungo la via del delitto”, come sottolinea Paolo Gallarati (La Stampa). Dissente in parte Enrico Girardi secondo il quale Luca Salsi “non è così a suo agio in questa parte, tranne che quando riesce ad interpretare il personaggio con la voce imponente che lo caratterizza” (Corriere della sera). Anche Anna Netrebko ha un entusiasta Pierachille Dolfini che su Avvenire scrive: “Anna Netrebko è una Lady dal carisma sinistro che calamita il male e lo veste di un fascino ancora più inquietante con una voce che affascina stordisce tra acuti svettanti e pianissimi poetici”. Dello stesso parere Fabio Vittorini ”ruggisce scolpendo una Lady Macbeth perfettamente complementare nella sua temerarietà inconscia che si ferma al di qua di ogni assunto morale: mette il suo fraseggio ricco e pieno di sfumature e una tecnica vocale granitica al servizio di un personaggio che vuole ritrarre in tutta la sua complessità; prezioso e per niente ovvio il suo registro grave, raggiunto con una facilità che stupisce” (Il Manifesto): Enrico Girardi, invece, sul Corriere della Sera scrive che è “sempre bravissima, ma il suo legato luminoso non serve a molto per fare la Lady”. Ritiene invece ottima la scena del sonnambulismo. Secondo Carla Moreni, Anna Netrebko “sembra emozionata, al primo entrare in scena, il timbro meno omogeneo, qualche fiato di troppo, ma si riscatta presto”. Enrico Girardi valuta più positivamente Ildar Abdrazakov che interpreta Banco, poiché a suo parere “canta poco ma con classe, profondità, morbidezza”, e Paolo Gallarati aggiunge che il cantante “con la sua voce piena di basso profondo, presta alla figura di Banco tutta la sua carica di umanità dolente”. Grande apprezzamento anche per Francesco Meli che secondo Carla Moreni “tornisce Macduff con nobiltà, come deve essere, e senza eccessi lacrimevoli” e Paolo Gallarati trova che “con il suo canto tenorile, segna le poche scene in cui è presente con una intensissima striatura lirica”.